Venerdì Santo 2016 – Omelia dell’Arcivescovo

IMG_3251 copia
Volgiamo lo sguardo a Colui che hanno trafitto!

La liturgia della Parola ci presenta con densità e pathos il dramma della croce dinanzi alla quale bruttura trionfa la bellezza di un Cristo, pienamente libero e padrone della sua vita, che non si fa strappare il cuore dalla negatività dell’istinto ma tutto consegna a all’Amore.

Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.

 Il versetto responsoriale del Salmo ascoltato ci aiuta ad entrare nel senso profondo del mistero della morte del Cristo.

“Nelle tue mani affido il mio spirito” è il grido finale, sordo e lacerato dal dolore, con cui consegna tutto se stesso al Padre.

Dilaniato nella carne e nell’intimo, non impreca, non maledice ma si affida e confida nel Padre. Quel Padre con cui aveva tessuto la vita intera, ora diviene l’abbraccio finale con cui congedarsi da questa terra.

Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.

Tutto è compiuto, pace è fatta tra cielo e terra, la comunione è ristabilita e la strada del ritorno al Padre è disegnata su quella croce.

Dio non diviene il despota che gioca con la nostra esistenza ma il porto sicuro a cui tornare e in cui ritrovare se stessi.

L’antico peccato è sconfitto dall’amore e, nel Padre, Gesù si consegna all’abbraccio che solo può donargli vita.

Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.

 “il mio spirito”, in queste tre parole c’è tutta la vita di Gesù: l’amore per i suoi, per la madre; la compassione per gli sbandati d’Israele, per i morenti e i peccatori; la forza e la tenerezza con cui aveva toccato e guarito.

In queste tre parole, Cristo crocifisso e morente riconsegna al Padre quel dono grande che dal grembo di Maria lo aveva accompagnato e sostenuto, guidato e illuminato, per tutta la sua esistenza.

Lo spirito, segno della comunione intima col Padre, viene riconsegnato:   è l’ultimo atto d’amore, il completamento di quella kenosis, di quello svuotamento radicale avviato nell’Incarnazione che sulla Croce trova la vetta più alta.

Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.

 Tutto è compiuto, il Figlio di Dio, vero uomo, rinuncia completamente a se stesso divenendo ignominia, scandalo, peccato.

Niente più su di lui è grazia ma tutto diviene peccato.

Sul suo corpo martoriato si addensano vincitrici le tenebre, diradando ogni speranza.

Sul suo corpo, lacerato, violato e calpestato nella dignità regna sovrana la grammatica del peccato che sembra scrivere la parola fine.

 Padre, nelle tue mani affido il mio spirito.

 Tutto piomba nel silenzio mentre il sepolcro e la terra si aprono per ingoiare la vita. Tutto sembra essere sepolto definitivamente mentre la vita si prepara a germogliare.

Dinanzi a questo scenario anche noi entriamo nel silenzio provando a sussurrare le stesse parole.

Anche noi dinanzi alla croce, alla prova, alle prove dell’esistenza possiamo avere due atteggiamenti o prenderci la vita, afferrarla, manipolarla, farla divenire quello che vogliamo oppure consegnarla, affidarla nelle mani del Padre.

Quanti esempi nella mia vita di povero prete hanno edificato il mio cammino con il loro consegnarsi a Dio:

Caterina, mamma felice con tre croci addosso, due figlie sordomute e un figlio gravemente disabile, vedova ma abbandonata all’amore di Dio;

Tiziana, gioiosa diciottenne nella primavera della sua vita, con un tumore che la conduce alla morte ma non le toglie la luce dagli occhi e dal cuore;

Gioconda, farmacista e insegnante, mamma innamorata dei suoi figli, consegnata a Dio sfida il male oscuro rimanendo a casa con i suoi figli, rifiutando ogni cura invasiva.

Lasciamoci allora con questa stupenda preghiera di Charles de Foucauld che traduce l’abbandono in Dio, vissuto da Cristo, e che anche noi possiamo sperimentare:

Padre mio,

io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa tu faccia di me Ti ringrazio.

 

Sono pronto a tutto, accetto tutto.

La tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature.

Non desidero altro, mio Dio.

 

Affido l’anima mia alle tue mani, Te la dono mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore perché ti amo,

ed è un bisogno d’amore il donarmi,

il pormi nelle tue mani senza riserve, con infinita fiducia,

perché Tu sei il  Padre mio.

 

Così sia!

 + don Giuseppe Satriano

condividi su