
Nella mattinata di giovedì 13 febbraio 2025, presso la parrocchia di Santa Teresa di Gesù Bambino, Area Urbana Rossano Scalo, sì è svolto il ritiro dei sacerdoti. Dopo la preghiera dell’Ora Terza, l’Arcivescovo ha salutato tutti e ha ringraziato Padre Luca Fallica, Abate di Montecassino, il quale ha tenuto una meditazione sul tema: “Pellegrini per lasciare tracce di speranza…”.
Citando tanti testi della Sacra Scrittura e proponendo diverse immagini molto efficaci, padre Luca ha sottolineato anzitutto la stretta relazione che esiste tra “attendere” e “sperare”. Infatti si può correre il rischio di vivere una attesa senza speranza, oppure si può sperare senza la capacità di attendere, per cui o si desidera che tutto ritorni come prima, oppure ci si illude di poter ottenere rispose immediate. Per comprendere lo stretto legame tra speranza e attesa, il riferimento biblico è quello del dono della manna, della quale si poteva prendere solo la razione di un giorno, sicuri che ci sarebbe stata anche il giorno dopo.
Sperare e attendere, quindi, significa fidarsi di Dio e aprirsi anche al suo modo di agire che spesso sorprende. Sperare non significa predire il futuro, ma vivere il presente, nella consapevolezza che l’agire di Dio è costante e fedele. Sperare non significa avere risposte certe, ma coltivare una domanda aperta, che spesso ci inquieta, ma che alimenta la certezza della presenza di Dio che si prende sempre cura di noi.
È importante saper anche attendere, nel suo doppio significato: attesa di qualcuno che arriva, ma anche impegnarsi a realizzare ciò che il Signore ci affida.
Dopo questa premessa, Padre Luca ha proposto alcune tracce di speranza che si possono lasciare nella storia da parte chi veramente sa essere pellegrino di speranza:
- La memoria, il saper ricordare, intesa come capacità di custodire. Nel Deuteronomio è scritto: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore ti ha fatto percorrere”. È importante riconoscere i segni della presenza del Signore nella nostra vita. In Esodo 14 viene raccontato il dramma del popolo di Dio che, avendo alle spalle gli egiziani e davanti il mare, grida verso Dio è verso Mosè. A causa della nostalgia rimpiange il passato, cancellando ogni traccia di Dio. Il passato è pieno degli egiziani. Eppure Dio ha già operato, liberando il popolo dalla schiavitù. È l’inganno della nostalgia. Si rimpiange il passato, desiderando di ritornare indietro.
Ma, come afferma Dom Elder Camara: “Ricordare il passato significa rifare la strada”. Perciò la memoria è capace di fecondare il presente per preparare il futuro. Essa è una memoria profetica, generativa. È la capacità di interpretare un versetto della Scrittura che predice sventure alla luce del versetto successivo. È interpretare il presente, con tutte le sue difficoltà, alla luce della promessa del Signore, contenuta nel libro dell’Apocalisse: “Verrò presto”. - Un’altra traccia che l’uomo di speranza può lasciare è la sua capacità di abitare la profondità del proprio cuore, alimentando la vita interiore. È un nuovo modo di stare al mondo. In Lc 21,37, sono contenuti due verbi: “Vegliare e pregare” per avere la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e per stare davanti a Lui, per alimentare la comunione con Lui, vivendo in modo diverso la complessità della vita. Così il tempo diventa tempo della visita del Signore e il futuro ci sorprende sempre, senza impaurirci. È importante vegliare sul nostro cuore, affinché agiamo secondo la Parola e per dargli una forma evangelica. La cura della vita interiore, inoltre deve portare a intessere legami forti, sostenere l’attesa con chi non ce la fa, coltivare la fraternità, la prossimità, l’accoglienza. E questo con gesti concreti, nel fattivo prendersi cura. L’immagine di riferimento è quella della sentinella che, nella notte, sa custodire l’alba, sapendo che il sole sorgerà. Così si può rincuorare, incoraggiare il popolo, sapendo che il giorno della liberazione è vicino. In Isaia 21,11-12 è contenuto un oracolo sul silenzio di Dio, che bisogna accettare, perché la sua risposta a volte non è immediata. La speranza ci chiede di avere la pazienza di attendere. Non ci sono risposte immediate. Bisogna accettare di attraversare la notte. È importante la conversione. Dice, infatti, Isaia: “Tornate e domandate ancora”. Meglio rimanere nel silenzio dell’attesa che colmare l’attesa con una falsa profezia. Continuare a pensare, a cercare, a tornare, a chiedere. È necessario, anche, confrontarsi con gli altri, dialogare con tutti. In Siracide 1,1 è scritto: “Ogni sapienza viene dal Signore e con lui rimane sempre”. C’è bisogno di interrogarsi non in modo solitario, ma anche con il confronto con altri modi di pensare.
- L’uomo di speranza è capace anche di autentico discernimento, sa fidarsi anche di piccoli bagliori. Per rendere chiara l’idea giusta del discernimento, Padre Luca ha proposto l’immagine del faro e della fiaccola. Il discernimento non è come un faro che rimane fermo e illumina tutto dall’alto. È una fiaccola che cammina con noi e ci consente di camminare. Sperare significa camminare con la coscienza che la lanterna cammina con noi e illumina il nostro cammino, traducendo tutto nei piccoli gesti quotidiani, certi che non sono mai sprecati e perduti. Ogni piccolo gesto d’amore non sarà sprecato. Dio ci garantisce proprio questo: ogni gesto non è perso, sprecato, non rimane infecondo. Dio questo ce lo ha promesso. Nulla va perduto.
- Ancora una traccia: avere l’immaginazione di Dio, il quale ha una grande fantasia che ci sorprende sempre. La speranza ci chiede di distinguere tra futuro e avvenire. Il primo lo possiamo immaginare. L’avvenire è in continua evoluzione e si realizza giorno per giorno.
Padre Luca ha concluso esortando tutti a camminare, anche se la lampada non illumina tutta la strada. Nonostante le smentite della storia, il bene realizzato non va mai perduto. Il bene, al quale rimaniamo fedeli, porta sempre frutto.
