Terza meditazione
Nel pomeriggio, Mons. Piccinonna ha continuato a disegnare il ritratto di Giovanni il Precursore. Egli non desidera parlare di se stesso, ma di Gesù. Lui non pronuncia mai la parola “io”, ma “Lui…”. Come e cosa annuncia? Dopo essere vissuto a lungo nel deserto, inizia così la sua predicazione: “Convertitevi perché il Regno di Dio è vicino”. Sono le stesse parole che Gesù pronuncia all’inizio del suo ministero pubblico. Perciò, questo deve essere anche l’annuncio della Chiesa di tutti i tempi. È ciò che noi sacerdoti siamo chiamati ad annunciare, tenendo conto che i primi a doversi convertire siamo proprio noi.
Convertirsi soprattutto al modo con cui vediamo la nostra vita e a convincerci sempre di più che essa è abitata da Dio. Il motivo di ogni conversione, infatti, è: “Il Regno di Dio (cioè Gesù) è vicino”.
Giovanni, quindi, annuncia Gesù. Egli non è autoreferenziale, per cui ci richiama che il “noi” è nel nostro DNA. Non lo dobbiamo andare a cercare chissà dove. Ci appartiene! Giovanni usa parole forti con chi pensa di andare da lui a farsi battezzare senza però cambiare vita. Effettivamente, a volte corriamo il rischio di vivere un cristianesimo senza Cristo. Giovanni grida che Gesù è colui che viene, che “sta in mezzo”, che abita la storia.
Quanto è importante che noi presbiteri siamo capaci di scorgere la presenza di Gesù che sta in mezzo alla nostra vita e alla vita delle persone che incontriamo!
Ma, ad un certo punto, per Giovanni arriva la notte del dubbio della fede. Egli aveva annunciato la venuta di Gesù come il Messia che “ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”. Eppure, mentre si trova in carcere, sente parlare delle opere di Gesù, il quale sta con i pubblicani e le prostitute, annuncia, cioè, un Dio che è “troppo vicino”. Egli aveva parlato di mietitura, Gesù invece parla di semina. Si mostra, dunque, non come il Messia che tutti si aspettavano. Giovanni non fugge la notte, ma la abita e manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: “Sei colui che deve venire, oppure dobbiamo attendere un altro?”. E Gesù risponde con delicatezza. Non afferma perentoriamente: “Sì. Sono io”, ma indica i segni del vero Messia: “I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella”.
Dalla notte del Dio della legge, Giovanni passa alla gioia di un Dio che è grazia, amore. Da qui nasce la gioia di scoprire ogni giorno di più quanto Dio è “diverso” da come lo conosciamo o vorremmo che fosse. Prima della consacrazione cantiamo: “Santo, Santo, Santo… “. Ebbene, il Dio onnipotente si “trasferisce” in pochi grammi di farina, un po’ di acqua e un po’ di vino.
Perciò, aprirsi alla Sua presenza, al Suo modo unico e sorprendente di “stare in mezzo” è l’esperienza più bella e liberante che si possa vivere.

