Esercizi spirituali del cleroMartedì 25 novembre – Seconda meditazione

Esercizi spirituali del clero
Martedì 25 novembre

Seconda meditazione
Ritmati dai tempi di preghiera comunitaria (Lodi, vespri, compieta celebrazione e adorazione eucaristica) e personale, gli esercizi spirituali hanno nelle meditazioni il loro punto di riferimento e l’aiuto perché la voce dello Spirito possa parlare al cuore di ciascuno.
Stamattina Mons. Vito Piccinonna, per come annunciato ieri, ha iniziato a disegnare il ritratto di Giovanni Battista, definito anche come il Precursore e, più propriamente, “l’amico dello Sposo”.
Giovanni è anzitutto un profeta, cioè uno che accoglie la Parola. Quindi egli è anzitutto “orecchio”. E il sacerdote è colui che è chiamato ad accogliere la Parola di Dio. Prima di annunciarla, deve sentirsi conquistato da lei. E Giovanni in questo può aiutarci parecchio. Perché?
Anzitutto Giovanni è uno che è a stretto contatto con Gesù. A Lui ha orientato tutta la sua vita. E per noi, che viviamo in un tempo di grande disorientamento, è importante saperci orientare. Gesù è il principio della nostra fede. A Lui dobbiamo sempre guardare, operando, come ha fatto Giovanni, un decentramento di noi stessi.
Infatti, senza il mistero, il nostro ministero rischia di scadere in una funzione, che piano piano può sprofondare in una finzione.
Perché potesse centrare la sua vita sull’essenziale, Giovanni vive nel deserto, un luogo in cui si fanno i conti con la propria finitudine, ma dove si sperimenta la Provvidenza di Dio. Il deserto indica il tempo della prova, ma anche del fidanzamento. È il luogo dove sempre si può ricominciare. E la Parola di Dio scende su Giovanni. Nel deserto la Parola fu su di lui. È importante ricordare che noi siamo sempre sotto la Parola e non sopra. E infinite volte Dio ha parlato al nostro cuore. Il profeta è colui che si sente afferrato, conquistato dalla Parola, perché per noi essa ha un nome: Gesù. Giovanni si definisce “voce”. Ed è scelto da Dio perché egli deve annunciare la sua presenza nella storia. Se Giovanni è l’ultimo dei profeti, il penultimo è Malachia, che parla 500 anni prima della sua venuta. Perciò c’era tanta attesa da parte del popolo di una Parola che potesse annunciare con chiarezza la presenza del Signore. E Dio, che è fedele alle sue promesse, va a scegliere Elisabetta (sterile) e Zaccaria (muto) per dare alla luce Giovanni, colui che con il nome stesso annuncia che “Dio fa grazia”. Quando Zaccaria riprende a parlare, canta benedicendo Dio. Egli riconosce che nella nascita di questo bambino il Signore dimostra di non essersi mai dimenticato del suo popolo.
Giovanni, già prima ancora di nascere, sta davanti a Gesù, lo riconosce e lo annuncia danzando mentre è nel grembo di Maria. Poi, sia lui che Gesù, per trent’anni, vivono nel nascondimento. E quando Giovanni inizia a predicare, alla domanda: “Chi sei tu?”, risponde: “Non sono io il Cristo”. E, quando insistono nel ripetergli la domanda, lui afferma: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore”. Ad un certo punto c’è qualcuno che vorrebbe farlo ingelosire nei confronti di Gesù. A quel punto lui da la definizione più bella di sé stesso: “Amico dello Sposo”, colui che prepara tutto l’occorrente per la celebrazione delle nozze e poi sparisce.
“Deserto, voce, precursore, amico dello Sposo”, tutte dimensioni che richiamano lo stare davanti, accanto, sotto Gesù, mai al di sopra di Lui. In questo consiste la gioia dell’essere sacerdoti.

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