


“Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza”.
Può, a ragione, essere questa la sintesi dell’incontro di aggiornamento per il clero diocesano e per gli operatori pastorali è stato don Fabio Pasqualetti, sacerdote salesiano e docente ordinario in Teorie Sociali della Comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana, nonché decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione presso la stessa Pontificia Università. Un incontro che ha suscitato l’attenzione dei sacerdoti presenti, così come si è potuto rilevare dagli interventi finali. Il tema che ha affrontato, rapidamente ma con estrema precisione, offrendo ampi spunti di riflessione, è stato: “Chiesa e comunicazione: la sfida dei social media e dell’intelligenza artificiale”.
Nel suo intervento, accompagnato dalla proiezione di slide e video illustrativi, ha subito tenuto a precisare la “velocità pazzesca” della comunicazione oggi, che non offre più il tempo di imparare. Rifacendosi al Messaggio di papa Francesco per il lancio del Patto Educativo (2019), don Fabio ha rimarcato come il cambiamento epocale non provochi soltanto una metamorfosi culturale ma anche antropologica. Tuttavia, questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli
Rifacendosi a diversi studiosi (l’economista Innis e il sociologo McLuhan), ha pure detto che l’uomo per sua natura è “homo communicans” e questo è messo in risalto dal dono delle relazioni. Relazionarsi significa comunicare. In questa nostra epoca si sta creando un ambiente più funzionale alle macchine piuttosto che alle persone e i media, senza che ce ne accorgiamo, ci educano rivelandosi vere e proprie “armi di distrAzione di massa”, una sorta di manipolazione psicologica, altamente pervasiva. La tecnologia, in tutta la sua complessità, ha cambiato il modo di relazionarci, anche all’interno di un nucleo familiare. Questo ha prodotto una riconfigurazione delle pratiche relazionali perché, esponendosi alla tecnologia, si perdono diverse capacità, come appunto le relazioni, la concentrazione, il comportamento. La tecnologia ci ha resi ancor più dipendenti. Le nostre azioni sono stato di fatto “ingegnerizzate”, costruite e modificate dalla tecnologia.
Secondo alcune inchieste elaborate in America, ci sono delle tendenze negative riscontrabili nell’Igeneration, ovvero in coloro che sono nati nell’era digitale:
- l’immaturità (tendenza a prolungare l’infanzia oltre le soglie dell’adolescenza);
- l’iperconnessione (la scelta del cellulare come passatempo egemone a discapito di altre attività);
- l’incorporeità (declino delle interazioni sociali personali);
- l’instabilità (forte aumento di problemi di salute mentale);
- l’isolamento e disimpegno (interesse per la sicurezza, contrapposto a declino dell’impegno civile);
- l’incertezza e precarietà (nuova visione del lavoro);
- l’indefinitezza (nuovi modi di intendere il sesso e le relazioni);
- l’inclusività (la tendenza ad accettare ogni genere di differenze).
Frutto della complessa tecnologia moderna, in particolare dell’informatica, è l’intelligenza artificiale (AI), un algoritmo alquanto complesso che esegue comandi (quindi senza intuizioni proprie, immaginazione, creatività, lungimiranza, empatia, etica, amore…), per cui, la vera intelligenza sta nell’uomo che trasforma, crea ed elabora informazioni. In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare il tempo che viviamo. E’ evidente che l’IA oggi è anche al servizio della guerra, (si pensi ad esempio al conflitto russo-ucraino), per cui è necessario che ci sia un reindirizzamento dell’uso dell’IA a favore della pace e non a sostegno dei conflitti bellici. Inoltre l’IA è anche uno dei fattori inquinanti e la questione ecologica non è affatto secondaria. Tutto ciò che viene ipotizzato da ambienti militari, come ad esempio i robot killer o i droni, andrebbe a creare dei seri problemi per l’incolumità umana, arricchendo una logica di violenza e di discriminazione. In alcuni casi potremmo trovarci persino di fronte a casi di deresponsabilizzazione riguardo all’uso di tali strumenti, ma come ha affermato il papa la vita umana non può essere decisa da una macchina o da un algoritmo ma servono “etica e responsabilità”.
Sarà importante, come Chiesa, come sacerdoti o laici crescere nella consapevolezza che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sarà inevitabile dal momento che andiamo verso una società che sarà sempre più integrata da sistemi di IA e tuttavia maturare uno spirito critico capace di liberarsi da ogni manipolazione, da ogni sfruttamento e assoggettamento che schiavizza. E’ questa la vera sfida educativa che l’IA pone a ciascuno di noi.
