ESERCIZI SPIRITUALI DEL CLERO MERCOLEDÌ 26 NOVEMBRE – QUINTA MEDITAZIONE

Quinta meditazione
Nel pomeriggio, Mons. Piccinonna ha evidenziato ancora alcuni tratti salienti di Giovanni il Battista che, oltre a essere Precursore, amico dello Sposo, è anche “testimone”. Egli grida la sua testimonianza rivolta sempre e solo nei confronti di Gesù, che è il centro, l’assoluto. Il modo con cui Giovanni predica è una provocazione per chi lo ascolta. Quello che dice non è indifferente e fa suscitare una domanda “feriale”: “Che cosa dobbiamo fare?”. Egli non compie segni straordinari, ma ciò che rimane di lui è la verità delle sue parole, della sua vita, della sua azione. In lui c’è una coerenza assoluta tra ciò che annuncia e ciò che vive. In Giovanni c’è anche la verità della sua preghiera. Come pregava? Non lo sappiamo. Fatto sta che a lui siamo debitori del “Padre nostro” perché nel Vangelo di Luca gli apostoli chiedono a Gesù: “Maestro, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. E Gesù risponde: “Quando pregate dite: Padre”.
Giovanni ha una missione ben precisa: “Ogni uomo vedrà la salvezza del Signore”. Per cui è cosciente che il Vangelo è per tutti ed è molto esigente. Ecco perché, quando vanno alcune categorie di persone, che non erano considerate “degne” di ricevere l’annuncio della Parola, lui opera un sano discernimento e alla domanda: “Cosa dobbiamo fare?” risponde non tanto con una indicazione “quantitativa”, ma con uno stile di vita, che si fonda sulla logica del dono: “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Perché in ogni dare c’è qualcosa di Dio.

Giovanni, quindi, annuncia la Parola a tutti, anche a Erode, smascherando in lui lo stile del possesso, che è contro Dio: “Non puoi prendere la moglie di tuo fratello”. Giovanni è cosciente di ciò a cui va incontro, ma non si sottrae alla sua missione di gridare la verità. Erode lo fa arrestare e, nel contesto di un banchetto dove tutti fanno a gara a chi si può mettere contro gli altri, Giovanni è ucciso tragicamente da innocente. Per cui anche il suo martirio lo fa essere Precursore della passione e della morte di Gesù.

Guardando a Giovanni, anche noi sacerdoti, per il battesimo ricevuto e per l’ordinazione presbiterale, siamo costituiti profeti e testimoni, annunciatori di una Verità (Gesù Cristo) che non ci appartiene e che ci supera. Siamo invitati a annunciare, denunciare, rinunciare, avendo a cuore che il Vangelo arrivi a tutti, senza escludere nessuno. Certo, il “mistero dell’iniquità”, presente nella storia dell’umanità e a volte anche nella Chiesa, ci chiede di vivere la dimensione penitenziale per portare il proprio peccato, quello della nostra gente, della Chiesa e del mondo e consegnarlo all’abbraccio misericordioso di Dio. Solo così possiamo essere, come Giovanni, capaci di accogliere le domande che quotidianamente ci vengono rivolte e, se anche non sappiamo dare risposte “esatte” certamente sapremo indicare un assoluto, un centro: la presenza del Veniente che dona vita e gioia a tutti.

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