“Take time to care” – “Prenditi tempo per prenderti cura”

Dal 14 al 18 luglio, su invito del nostro Arcivescovo Mons. Maurizio Aloise, abbiamo preso parte al progetto “Take time to care” (Prenditi tempo per prenderti cura) un percorso di formazione sulla pastorale della salute organizzato dall’Ufficio preposto della CEI, giunto quest’anno alla sua quarta edizione.
Per raccontarlo pensiamo sia bello partire dal versetto del Salmo 40: “Beato l’uomo che ha cura del debole” che è stato anche il titolo del tema che ha inaugurato la formazione e il tirocinio pomeridiano presso il policlinico Gemelli.


Il progetto prevedeva momenti formativi al mattino, dove sono intervenuti, tra gli altri, don Massimo Angelelli responsabile dell’Ufficio CEI per la pastorale della salute e p. Danio Mozzi direttore del Centro Camilliano di Formazione. Durante il pomeriggio invece eravamo impegnati nel reparto di trapianto reni e in ortopedia. Qui abbiamo potuto sperimentare davvero come la persona sia “una totalità unificata” di tre dimensioni: corpo, psiche e spirito, proprio come affermava San Paolo e, in tempi molto più recenti, il cardinale Sgreccia, ex presidente della Pontificia Accademia per la vita.

Durante il tirocinio è stato veramente importante constatare come ogni ammalato incarni la presenza di Gesù sofferente e come spesso la fede sia l’unica risposta alle tante domande sul senso della vita, della prova o del dolore.

Abbiamo avuto la gioia di incontrare volti di uomini e donne segnati dalla sofferenza, sguardi che hanno toccato il nostro cuore in profondità. Ci siamo fatti vicini a loro con l’ascolto e la solidarietà, scoprendoci a nostra volta fragili e bisognosi di vicinanza: questo ci ha resi più umani e più capaci di accompagnare, di ritagliarci del tempo per prenderci cura degli altri.

Portiamo nel cuore la bellissima testimonianza di vita e di amore di due sposi, vicini nella condivisione della sofferenza, al punto da tenere intrecciate, teneramente, le mani.
Non possiamo dimenticare anche il coraggio di una mamma che ha donato un rene al proprio figlio, provata certamente dalla sofferenza post-operatoria, ma felice di vedere nel suo gesto la continuità della vita nel figlio.

È stato edificante anche il desiderio di una signora che ci ha chiesto di pregare insieme; non avevamo segni particolari, eravamo dei giovani volontari ospedalieri dal camice giallo, ma questa richiesta ci ha riportato alla nostra scelta e ci ha fatto riscoprire la centralità e la dignità dell’essere umano, come creatura che sente la necessità del legame con Dio, specialmente nella sofferenza.

Siamo riconoscente al Signore per questa esperienza che, per qualche giorno, ci ha resi Buon Samaritano per i fratelli e ci ha ricordato soprattutto che Cristo, vero e buon Samaritano, si è chinato su di noi per sanare le ferite della nostra umanità e ci invita a crescere e a lasciarci plasmare da Lui, servendolo e amandolo nei fratelli, unendo la nostra vocazione a quella dei sanitari per maturare in una visione umana e spirituale della sofferenza.
Contenti di questa esperienza che arricchisce il nostro bagaglio formativo affidiamo il nostro cammino e tutte le persone incontrate a Maria Salus Infirmorum.

Domenico Cruceli, Natale Raffaele Marincolo

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