

Giovedì 12 giugno 2025, nella parrocchia Santa Teresa di Gesù Bambino, Area Urbana Rossano Scalo, nel giorno del quarto anniversario dell’inizio del servizio pastorale dell’Arcivescovo nella nostra Chiesa Diocesana, sì è tenuto il ritiro dei sacerdoti.
La meditazione, che ha messo in evidenza lo stretto legame tra il Cuore di Cristo e il cuore del presbitero, è stata tenuta da Padre Luigi Gaetani, Carmelitano Scalzo, il quale ha raccontato la storia di un prete che ad un certo punto della sua esperienza di vita, sente il grande peso e la fatica del suo servizio, per cui decide di lasciare il ministero. Ma, durante la celebrazione eucaristica, alla fine della quale aveva pensato di comunicare la sua decisione, guardando il popolo, si rende conto che la causa della sua crisi era un ripiegamento su se stesso. E allora si pone queste domande: chi sosterrà la fede, la speranza e l’amore di questa gente? Sceglie, quindi, di non lasciare il sacerdozio, ma di rimanere appeso sulla croce della vita quotidiana e vivere il suo servizio alle persone che gli erano state affidate.
Spesso, ha affermato padre Luigi, la gente crede che noi preti abbiamo tanta fede. Ma non è sempre scontato.
Quando siamo diventati preti, eravamo attraversati da grandi progetti e desideri belli e carichi di entusiasmo. Poi so o venuti i timori: sarò capace di affrontare le difficoltà? Come mi pongo di fronte a tante defezioni, tante incoerenze, tante vite insoddisfatte? Come vivo l’incognita della gestione del tempo, che porta spesso a comprimere quello dedicato alla preghiera? E l’amicizia? Il prete ha amici? Il rischio è che i timori siano superiori all’entusiasmo.
Siamo passati da una stagione forte, dove il parroco era tra le persone più influenti nelle comunità, a un inverno culturale, teologico e identitario della vita del prete. Per cui si fa difficoltà ad accogliere e accettare ancora un ministero caratterizzato dal “carattere indelebile” che, andando avanti negli anni, si è un po’ “sbiadito”. Le cause sono molteplici. Tra queste ci sono gli scandali e anche la poca profezia nel popolo.
È terminata questa crisi? Ancora no. E ci sono due indicatori: non sono in calo le richieste di abbandono del ministero e diminuisce il numero dei seminaristi.
Quali sono le cause? Anzitutto un certo declino della cristianità. Ad esempio in Italia, pur essendo per la maggior parte cattolici, si è poco cristiani, nel senso che manca la consapevolezza di ciò che questa identità significa. La Chiesa italiana fa fatica a prendere coscienza che siamo nel tempo della scristianizzazione. Siamo rimasti indietro. C’è bisogno, quindi, di un cambiamento culturale.
E allora cosa fare?
Se crediamo che la vita di un presbitero può essere donata totalmente al Signore, allora si può pensare a una forma di ministero che sia evangelicamente più “snello”. Esiste, infatti, una “obesità” ecclesiale, che rende difficile la realizzazione dei cambiamenti possibili. C’è una velocità del mondo e c’è un passo lento della Chiesa. Noi siamo inviati e non sedentari.
Qual’è, quindi, questo stile “snello”?
Lo si può definire a partire dai documenti del Concilio Vaticano II, in particolare la Presbyterorum Ordinis, da dove si evince anzitutto l’importanza del presbiterio, cioè la famiglia sacerdotale, costituita dal Vescovo e dai presbiteri, chiamati a camminare insieme. È tutto il presbiterio, quindi, che deve avere a cuore la realizzazione di questo cambiamento, diventando sempre più come una orchestra. È importante anche concepire la formazione dei candidati al sacerdozio in modo diverso rispetto a come è stata vissuta finora.
Il Concilio di Trento, per quanto sia stato celebrato un po’ di secoli fa, ha avuto meriti enormi perché ha operato una rivoluzione rispetto a prima. Infatti ha rinnovato la pastorale, rifondando la vita ecclesiale a partire dalla centralità delle parrocchie, perché il sacerdote è chiamato a stare in mezzo alla gente. Ha curato la formazione dei sacerdoti, affinché potessero essere Pastori del gregge loro affidato.
Cosa dobbiamo fare oggi per vivere la prossimità al popolo di Dio?
Nel Vangelo è scritto che “Gesù chiamò a sé gli apostoli perché stessero con lui e poi per mandarli a predicare”. Non si può pensare che la formazione in seminario sia quella dello “stare” e poi il ministero sia l’andare. Bisogna creare uniformità tra il prima e il dopo.
I segni dei tempi chiedono una riforma strutturale e non dei semplici aggiustamenti. È necessario diffondere la cultura della comunione e della condivisione.
Molta attenzione va riservata al modo con cui si celebra l’Eucaristia. La Messa, infatti, non di dice, si celebra!
A questo punto padre Gaetani ci ha rivolto una serie di pro-vocazioni: quanto ci innamorano le parole della consacrazione?
Sbalzato da un “piedistallo artificiale”, per quanto sacro, il presbitero vive dentro la storia immergendo in essa la presenza dell’amore di Dio. L’esercizio del ministero sacerdotale non solo esige, ma favorisce la santità del presbitero. La sua identità si trova in quello che “è” e “fa”.
Dove sta il tuo cuore? La Parola scava dentro la tua vita? Dedichi spazio e tempo alla Parola? Il presbitero non “possiede” il Sacramento, ma è per lui l’opportunità di scendere nella bellezza sacramentale. Il Sacramento ti cambia la vita? Oppure rientra in una routine?
Noi non siamo “macchinette” che erogano servizi. Non diamo noi i sacramenti. È il Signore che li comunica. Anche noi ci immergiamo nel mistero. È importante girare per le comunità, preoccuparsi di chi manca. Dove si fonda un progetto pastorale? Nel conoscere e leggere la realtà. Sei prete part-time? Mettersi “in proprio” è un peccato ecclesiale.
Annunciare, celebrare, pascere. È questa la nostra identità. Nel momento in cui vivo gli atti pastorali mi formo. È necessario, quindi, integrare gli atti del ministero nella vita spirituale. Questa non sta dopo gli atti del ministero, ma dentro questi atti.
Pertanto, nutriti della Parola, è bello essere presbiteri con un cuore allargato, inclusivo, capace di avere compassione, configurato al Cuore di Gesù. La devozione al Cuore di Gesù non è esterna a noi. La sorgente della vita è dentro di noi. Dio ci ha dato di essere sorgente di acqua viva. L’augurio, quindi, è avere i sentimenti che furono in Cristo Gesù e andare alla scuola della tenerezza, dell’amore, dell’accoglienza, del pianto, della verità.
Padre Luigi ci ha lasciato anche un impegno: leggere e meditare noi con la nostra gente la Dilexit nos di Papa Francesco.
Il ritiro è continuato con l’adorazione eucaristica, gli avvisi dell’Arcivescovo e si è concluso con l’agape fraterna.
