Ritiro del clero. Giovedì 15 maggio 2025.Nella Chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino

Ritiro del clero. Giovedì 15 maggio 2025.
Nella Chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino, Area Urbana Rossano Scalo, stamattina si è svolto il ritiro spirituale dei sacerdoti.
Dopo la preghiera dell’Ora Terza, l’Arcivescovo ha salutato tutti e ringraziato Padre Luca Fallica, Abate di Montecassino, il quale ci ha fatto di nuovo dono della sua presenza e ha tenuto una meditazione nella quale ha coniugato il cammino sinodale che stiamo vivendo alla dimensione liturgica della vita cristiana.


La liturgia, infatti, ci aiuta a decifrare il senso della storia che attraversiamo e qual’è l’orientamento del cammino da seguire per essere testimoni di speranza.
Il riferimento biblico è stato il Libro dell’Apocalisse, che è un testo liturgico, profetico e politico. È una anticipazione nell’oggi di ciò che sarà il futuro di Dio.
Nel Prologo (Ap 1,9-11) l’autore dell’Apocalisse, descrive una visione che si colloca dentro alcune coordinate precise: un luogo (l’isola di Patmos) e un tempo: il giorno del Signore. Patmos non è solo un’isola, ma descrive una situazione esistenziale. Giovanni, infatti, si trova in esilio. Il giorno del Signore è la domenica. Il giorno in cui si fa memoria della resurrezione del Signore.
A Patmos, dunque, in esilio, ma nel giorno del Signore. È un momento di difficoltà e di prova. Dentro le tribolazioni e le prove c’è la luce dalla Pasqua. L’autore è “preso dallo Spirito”. Perciò tutto ciò che vede e scrive è dono dello Spirito. Non si tratta di una esperienza straordinaria, mistica, ma è la capacità di leggere la storia interpretandola nello Spirito di Dio. È avere occhi nuovi per giudicare nello Spirito.


Nel capitolo 4 dell’Apocalisse viene raccontata la visione di una porta aperta. Ogni volta che viviamo una celebrazione liturgica, quindi, una porta si apre nel cielo. Questa porta rimane aperta in ogni tempo della storia umana. Perciò, quando si parla delle “cose che devono accadere in seguito” si indica la capacità di interpretare il presente, camminando verso il compimento del mistero di Dio. Nella liturgia, quindi, non evadiamo dalla storia. La costruiamo, mettendoci dalla parte di Dio. Nella grande liturgia alla quale Giovanni partecipa, si vede un libro che è sigillato. Nessuno riesce ad aprirlo, per cui l’autore piange. Ma un vegliardo gli dice di non piangere perché il libro è aperto dall’Agnello, il quale toglie i sigilli per entrare in comunione con Cristo morto e risorto. L’Agnello apre il libro per farci assumere la logica pasquale. Quando la nostra vita si conforma alla vita dell’Agnello si impara a vivere. Si apre il rotolo per leggere e interpretare la nostra esistenza alla luce dell’opera di Dio nella storia.
Tra tutti i sigilli, padre Luca si è soffermato su quello del nostro rapporto con il tempo, con l’obiettivo di vedere il “Kronos” che passa diventare “Kairos”.


Tutti noi viviamo con un orologio al polso. Questo può illuderci di poter essere padroni del nostro tempo. Invece oggi sembra che siamo diventati schiavi del tempo, per cui viviamo in modo frammentato. Bisogna, quindi, ritornare alla consapevolezza che il tempo è un dono e che va annunciato, proprio come quando non esistevano gli orologi e il ritmo delle attività veniva scandito dal suono delle campane. Come avviene nei monasteri, dove il tempo della preghiera si annuncia perché è un tempo donato e non posseduto. Oggi spesso si avverte la mancanza di tempo. La preghiera viene considerata come una perdita di tempo. Perciò si ha l’impressione di essere schiacciati o scissi. Il tempo libero non è più il tempo della festa.


Bisogna recuperare, quindi, la fedeltà alla per vivere al meglio il tempo. Il rapporto tra la preghiera e il tempo è molto stretto, più del rapporto tra preghiera e spazio. Come affermava Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “Il tempo è superiore allo spazio”. Ogni preghiera ha il suo tempo e ogni tempo ha la sua preghiera. La qualità della preghiera del mattino è diversa da quella vissuta la sera o di notte. La preghiera del mattino è la preghiera della lode, come
un foglio bianco che attende di essere scritto. La preghiera della sera è piena di ciò che abbiamo vissuto durante il giorno. E la preghiera della notte è la preghiera dell’attesa del nuovo giorno, quando si è chiamati ad accogliere le meraviglie che il Signore compie nella storia di ciascuno di noi. La preghiera consente di essere pronti ad accogliere il Signore quando passa, perché a volte il suo è un passaggio veloce.
“I miei occhi hanno visto la tua salvezza” cantiamo con Zaccaria nel Benedictus. Ma dove? Dove ho visto la salvezza del Signore?
Padre Luca ha sottolineato come i Salmi, contenuti nella Liturgia delle Ore ci danno la possibilità di leggere l’esperienza della vita umana alla luce della salvezza di Dio. Come afferma un detto rabbinico: “Il Salterio ci aiuta a trasformare il dolore in canto”, passando attraverso la porta del silenzio. I Salmi ci fanno vivere l’itinerario pasquale. Del resto è stata anche questa l’esperienza di Gesù. Nel grido dell’abbandono: “Mio Dio, mio Dio, perché mi ha abbandonato”, il grido del compimento: “Tutto è compiuto”.


In ogni liturgia celebriamo questo mistero, che ci dona la gioia di trasformare il grido del dolore nel grido della gioia pasquale.
Dopo la meditazione abbiamo vissuto l’adorazione eucaristica e il ritiro si è concluso con gli avvisi dati dall’Arcivescovo.



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