Riflessione dell’Arcivescovo per la IV domenica di Pasqua

ADORAZIONE EUCARISTICA
3 maggio 2020
Riflessione dell’Arcivescovo
IV Domenica di Pasqua anno A – Domenica del Buon Pastore
Gv 10,1-10


Carissimi,

oggi siamo tutti chiamati a lasciarci avvolgere dalle braccia del Pastore Buono, una immagine simbolica e ricca, che solo chi ha vissuto in realtà dedite alla transumanza o in ambienti semitici può comprendere in tutta la sua portata e bellezza.

Ricordo il mio tempo in Kenya, quando percorrevo le polverose strade di terra battuta del nord del paese e rimanevo stupefatto nel vedere immense mandrie di mucche, o di cammelli, o di capre portate al pascolo da due, massimo tre, giovani pastori.

Essi non erano solo le guide del gregge o della mandria, ma i compagni di vita in modo totale, per giorni e giorni, mesi e mesi, lontani da casa e pronti a difendere il gregge dagli animali feroci della savana.
Uno di loro mi confidò che sin da piccoli erano educati a dormire con le bestie loro affidate, imparando a chiamarli, uno ad uno, con un fischio particolare: stupendo!

Nell’ascoltare questo racconto riandai subito a quanto il Vangelo ci narra sul buon Pastore che conosce la voce delle sue pecorelle, e di come le pecore conoscono la sua voce.

Oggi, Gesù costruisce intorno a questa immagine del Pastore, la parabola ascoltata che solo Giovanni ci narra. Emerge da subito l’intimità di Gesù con il gregge, con ciascuna pecora del gregge, chiamandole una ad una. Per Gesù le pecore hanno ciascuna un nome, ognuna è unica, irripetibile.

Egli ci guarda e si rapporta a noi per quello che siamo, invitandoci a vivere spazi liberi e non di paura.

Egli non è il pastore dei recinti, ci spinge fuori dai nostri gusci rassicuranti per affrontare con amore e coraggio la vita, rendendoci cercatori di futuro.
Lui è la porta che da sicurezza ma che introduce in un oltre ricco di speranza dove poter esprimere il meglio di noi stessi.

Egli desidera condurci alla vita vera, non quella ripiegata, non quella asfittica e autoreferenziale, ammalata di individualismo ed egoismo. Egli desidera per noi tutti, una vita che abbia il profumo della bontà, che sia bella, una viTa piena abbondante, traboccante.
Che stupore! Che gioia… ti amo Signore mia forza perché mi sento trafitto il cuore dalla tua tenerezza, dalla tua passione per me.

Ora capisco perché oggi la Chiesa ha dedicato questa domenica alla preghiera per le vocazioni.
Ora capisco che parlare di chiamata è comprendere che tale parola rimanda all’amore di qualcuno per me.
Chiamati, perché amati.. da te!
È perché mi sento amato che ti rispondo, è perché mi seduci che mi lascio attrarre.

Sì o Signore, desidero la vita che mi offri, la voglio e ti rispondo Sì, qui e ora, oggi, nella situazione in cui vivo e mi trovo.
Desidero amarti e comunicare il tuo amore perché ogni uomo trovi in te quell’esperienza di pienezza che cerca e desidera.

Amami Signore e dammi la forza di amarti ogni giorno, per sempre.
Amen

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