Riflessione dell’Arcivescovo per la domenica delle Palme

ADORAZIONE EUCARISTICA

5 aprile 2020

Riflessione dell’Arcivescovo

Domenica di Passione anno A

 

        Carissime e Carissimi,

 “Come cantare i canti del Signore in terra straniera?”  Così recita il salmo 136.

Si tratta di un Salmo in cui un Giudeo, subito dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia, ricorda le sofferenze subite durante la schiavitù, e si motiva ad una fermissima speranza: la ricostruzione di Gerusalemme.

In questi tempi, ci ritroviamo tutti nella condizione di essere in una terra straniera. Speranzosi di poter ricostruire, poter cantare il canto della vita nella vastità ed armonia delle sue molte note.

Siamo in una terra straniera. Ed è importante poterci interrogare, come fa il salmista, sul come continuare a mantenere lucidità e fermezza d’animo per poter stare in piedi e andare incontro alla vita.

Ora il cammino della quaresima entra nel vivo: quello della Settimana Santa la cui porta è la domenica che stiamo vivendo.

Questa è la settimana della suprema vicinanza di Dio alla nostra vita, vi entriamo come cercatori di vita. Anche isolati nelle nostre case, siamo vicini, accomunati da una forte empatia che ci avvicina alla sofferenza di quanti chiedono vita, salute, pane, conforto.

E ora, quasi d’incanto ci accorgiamo che il luogo dove diamo un senso a tutto è la Croce di Cristo.

Nuda com’è nudo Colui che vi pende, com’è nudo questo pane eucaristico che ci sta dinanzi e che ci richiama l’amore nudo con cui Cristo ci ha amati e ci ama.

Infatti, guardo l’Eucaristia, guardo la croce e vi trovo il Cristo che a braccia spalancate e nude non mi chiede niente, non chiede niente per sé, non reclama ingiustizia e diritti,  ma mi offre tutto di sé.

Il cielo s’intreccia con la terra e, nella croce di Cristo, si sigilla in una nuova alleanza. L’eterno entra nel tempo, lo dilata e dilaga nella nostra storia fatta di poveri e di povertà, amate e abbracciate dall’Amore.

“Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!»”.

Perché non scende dalla  croce, Colui che è l’Onnipotente?

Perché Lui che è Dio non dimostra la sua potenza?

La risposta è semplice e dura, al tempo stesso: Egli desidera rimanere accanto ai suoi fratelli, a coloro che non possono scendere dalle loro croci e sposa la vita fino in fondo, fini alla morte e alla morte di croce.

Ecco nel nostro stare dinanzi all’Eucaristia comprendiamo tutta la vicinanza che il Signore esprime nei nostri confronti, nei mei confronti, e tutta la vicinanza del nostro vivere alla vita di Dio.

La scelta di fede, la nostra scelta di essere cristiani, sposa questo stile, fatto di: debolezza, impotenza, nudità, croce.

“Come cantare i canti del Signore in terra straniera?” 

Il senso da dare a questi giorni, la capacità di mantenerci lucidi in momenti come questo sta nel saper cogliere nei segni della storia, nelle fenditure della roccia delle nostre emozioni, la presenza di Dio e a lui lasciar scrivere la Trama della nostra vita alla quale partecipiamo con l’Ordito della nostra quotidianità vissuta in pienezza ed in ricerca della gioia e dell’amore … nonostante tutto e per tutti.

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