Messa Crismale 2017 – Omelia dell’Arcivescovo

Messa Crismale – Mercoledì 12 Aprile 2017

OMELIA

 

“Un regno di Sacerdoti per il nostro Dio e Padre”.

(Ap.1,6 )

 

Carissimi ci ritroviamo in questa celebrazione così ricca e bella, esprimendo il nostro essere Chiesa mediante le varie forme di partecipazione a questa grande famiglia di battezzati. Laici, religiosi e religiose, presbiteri e vescovo, insieme esprimiamo il nostro essere popolo, popolo amato e, mediante la redenzione della nostra vita operata da Cristo, popolo “di sacerdoti per il nostro Dio e Padre”.

 

È la seconda lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse, che ci consegna questa verità, forse a molti sconosciuta nel suo significato profondo.

Essere un regno di sacerdoti per il nostro Dio e Padre, non è appannaggio solo dei presbiteri e dei vescovi ma di ogni battezzato.

 

Dal giorno del nostro battesimo, noi tutti siamo divenuti un popolo di sacerdoti: un popolo consacrato non per esercitare potere, dominio, ma per portare la salvezza di Dio, la sua misericordia, che guarisce e risana.

Ecco il senso di questa affermazione che ci vede tutti abilitati con il lavacro battesimale, ad essere ministri di consolazione e di luce per l’umanità.

Ministri e non maestri, servi disposti a portare con la vita l’annuncio di salvezza al mondo.

Annunciare che Cristo è morto e risorto si traduce nell’impegno ad una vita trasfigurata dall’amore, capace di accompagnare il vivere di chi ci è affidato. È vivendo accanto alle ferite dell’umano che noi diamo compimento all’essere popolo sacerdotale.

Le parole proclamate da Gesù nella sinagoga di Nazareth non sono attribuibili solo al mondo dei presbiteri, ma a tutto il popolo di Dio, reso sacerdotale dalla propria adesione a Cristo.

Ciascuno di noi, unto dallo Spirito mediante il Crisma battesimale, è stato inviato per essere annuncio di misericordia, di liberazione e di consolazione.

Immaginiamoci in quella sinagoga di Nazareth e ascoltiamo il Maestro:

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Parole forti, piene di vita, che inducono anche noi, come gli ascoltatori del tempo, a fissare lo sguardo su Gesù, mentre Lui sembra trasfonderci l’ardore e l’impegno ad essere docili all’azione dello Spirito, per divenire segno tangibile di speranza in mezzo ai fratelli.

Tutto questo esalta la vita di ogni credente e non svilisce il ministero dei nostri sacerdoti.

Quanto andiamo meditando è invito evangelico ad essere nella vita, profumo di Cristo tra gli uomini, nutrimento per il mondo in cui viviamo. Un mondo bisognoso di persone che sappiano, con la loro testimonianza sincera e credibile, ridare senso agli spazi della vita.

Gesù, nel brano di Luca, non offre un richiamo ad occupare le sacrestie o le sale parrocchiali in cerca di cose da fare o da gestire, ma la capacità di abbracciare il mondo con le sue contraddizioni e brutture, restituendogli dignità, bellezza e semplicità.

L’olio sacro del Crisma, che fra poco consacreremo, ci arricchisce dei doni dello Spirito per restituire alla vita quell’ordine e quella sapienza che sgorga dal cuore di Dio.

Scendendo sul nostro capo di battezzati, il Crisma ci spalanca le porte della grazia, avvolgendo l’esistenza in un abbraccio d’amore che ci rende capaci di restituire vita al mondo.

È proprio quello che indica Gesù nella sinagoga di Nazareth, ma è anche ciò che il mondo si attende da noi: profumare di speranza la vita di ogni giorno, dal lavoro alla scuola, dalla politica all’arte, dal dolore all’amore.

Ogni crocevia dell’esistenza ci attende per restituire dignità ai feriti della storia: è questo il senso dell’essere cresimati, meglio crismati, confermati in un impegno di vita che nasce dall’abbracciare la logica con cui Cristo ha salvato il mondo. Egli morendo per noi, e liberandoci dai condizionamenti del peccato, ci ha resi tutti, laici, presbiteri e religiosi, un regno di sacerdoti, ponte di grazia tra il cielo e la terra.

È grande e meraviglioso che ciascuno di noi possa contribuire a consolare e guarire le ferite del mondo, mediante l’offerta a Dio di sé stessi.

 

Pertanto mi rivolgo…     a voi Laici,

sorelle e fratelli carissimi, lasciatevi inebriare dal profumo di salvezza del Crisma, che verrà fra poco consacrato.

Lasciate che l’unzione di quest’olio sacro, vissuta nel battesimo e nella confermazione, raggiunga pienamente i vostri cuori, consacrandovi alla dignità a cui siete stati chiamati: quella di figli di Dio e, in Cristo, fratelli di ogni uomo.

Sentite la forza dello Spirito, in essa contenuta, che vi sospinge a fare della santità l’orizzonte in cui vivere. Non arrestatevi dinanzi alle problematicità quotidiane della vita, ma con coraggio appropriatevi degli spazi a voi congeniali, lì dove l’uomo vive, sogna, desidera e soffre: strade, piazze, ambiti di lavoro, case, la stessa politica, intesa come impegno sincero per il bene comune.

La vostra dignità sacerdotale non ambisca a ruoli e atteggiamenti clericali, ma si attesti nella capacità di coltivare la profezia del nuovo, sapendo divenire tessitori, artigiani di comunione operosa, protesi a realizzare nell’ordito della trama, l’inedito di Dio.

Amate i vostri presbiteri e con loro operate per la realizzazione di comunità accoglienti dove ciascuno possa fiorire, scoprendo i doni che porta in sé.

Lo Spirito, che in voi vive, vi aiuti ad aprire orizzonti di speranza per tutti e, nel ministero laicale che vi distingue, a confermare ciascuno nell’Amore del Padre.

Il compianto Vescovo don Tonino Bello affermava: “Laici cresimate il mondo”.

 

Mi rivolgo…    a voi religiosi e religiose,

con voi abbiamo terminato, da qualche giorno, una significativa missione popolare a S. Lorenzo del Vallo, animata anche da alcuni laici. Nel cuore di tutti avete lasciato un segno, una luce.

Anche per voi questa Messa del Crisma diviene un tornare ad attingere alla fontana della Comunità Ecclesiale, per ricollocare i vostri carismi a servizio del Regno.

Nel mio indirizzo di saluto, prima di vivere l’ingresso in diocesi, scrivevo a voi definendovi, con le parole di Paolo VI, “alpinisti dello Spirito”.

Il Crisma ricevuto, dilati la vostra consacrazione battesimale “perché, nel quotidiano dei vostri vissuti, traspaia sempre la bellezza del volto di Cristo come messaggio di tenerezza per il mondo”.

Infine, ma non da ultimo, mi rivolgo a voi Presbiteri,

fratelli amati nel sacerdozio ministeriale, consegnandovi l’abbraccio del cuore.

Con voi, in modo particolare, ho sposato questa meravigliosa avventura di custodire il popolo amato da Dio in Rossano-Cariati, annunciando e testimoniando la vicinanza del Risorto ad ogni uomo.

Anche per noi la provocazione odierna della Parola e della Liturgia si fa appello e responsabilità.

L’affetto e la predilezione del Signore, che ci ha scelti affidandoci il ministero di nutrire e amare questo suo popolo, si è tradotta in quell’effluvio di crisma che è sceso sulle nostre mani e sul mio capo.

Torniamo con gioia a quel giorno e facciamo memoria del tripudio di auguri, del suono festoso delle campane e degli abbracci ricevuti, carichi di affetto.

È per questo popolo che noi esistiamo e non per noi stessi, ed è per loro e con loro che siamo chiamati a vivere e realizzare alcuni obiettivi che desidero indicare alla nostra attenzione.

La comunione e la valorizzazione del laicato e della vita religiosa, sono obiettivi che dobbiamo coltivare con vigore e passione, per essere in pienezza sacerdoti secondo il cuore di Cristo in mezzo al suo popolo.

Il Crisma ricevuto, irrompendo nella nostra vita, ci ha condotto ad un percorso di espropriazione da noi stessi.

Dal giorno della nostra consacrazione siamo chiamati ad essere uomini liberi da ogni forma di preservazione dei nostri interessi per costruire percorsi di comunione.

Lo so che qualcuno potrà accusarmi di aver fatto di questo un tema troppo ricorrente e quasi retorico, ma sento che questo sogno di Dio debba essere il nostro sogno diuturno.

Nonostante le povertà e le fragilità che ci contraddistinguono, non possiamo desistere dal cercare percorsi che nutrano di autentica comunione, il nostro laicato, liberando le sacrestie da coloro che interpretano il servizio e vicinanza come potere o servilismo alle nostre persone.

Nel valutare ci sia sempre benevolenza, accoglienza verso tutti, nei nostri cuori e tra le nostre braccia.

A chi bussa cercando, impegniamoci ad offrire ascolto attento e disponibilità nel porci come compagni di strada.

Non demordiamo dalla gratitudine, oggi molto rara. La nostra vita sia sempre riconoscente e grata verso Dio e i fratelli: anche se poveri e fragili, ci pervada e ci accompagni l’amore di Dio, che non dobbiamo mai dimenticare e che siamo chiamati ad alimentare mediante la preghiera assidua.

Cresca tra noi l’amicizia fraterna, che come pioggia benefica ricade sul nostro popolo, edificandolo.

Fuggiamo, invece, con decisione dalla complicità furbesca e dal tornaconto personale che ci allontanano dalla gratuità dell’amore.

Miei cari fratelli nel presbiterato, partendo da questo impegno nella comunione possiamo valorizzare i nostri fratelli laici e la vita religiosa, giungendo a coglierne i doni e i carismi di ciascuno.

Abbiamo bisogno di collaboratori non improvvisati o scelti per simpatia, ma di persone che sappiano a costo di sacrifici condividere il progetto missionario di una Chiesa chiamata ad uscire per le strade, decisa ad annunziare il vangelo della gioia.

Solo l’impegno a vivere percorsi partecipati e condivisi, ci renderà autorevoli edificatori di comunità vive.

A noi, dunque, il compito del discernimento, dell’accompagnamento spirituale, della formazione delle coscienze nel segreto dei confessionali.

Preoccupiamoci di questo e spingiamo i nostri laici a vivere da protagonisti l’essere Chiesa sapendosi assumere le proprie responsabilità educative.

Concludo, augurando a tutti e a ciascuno di lasciarsi afferrare da Cristo, seguendolo per le vie impervie e luminose dell’amore vero, mediante scelte ricche di apertura e donazione.

Grande il dolore causato dall’ignavia di molti, dalle omissioni di tanti, dalle ingiustizie calcolate e volute.

La Pasqua, che intravediamo, desidera innescare la rivolta della vita su ogni forma di morte e attende noi per attuarla. Sì proprio noi! Noi che ci reputiamo spesso inadeguati a tutto e poveri di ogni mezzo.

Accettando la sfida della Pasqua, saremo toccati, accarezzati, forgiati dal dono dello Spirito ma anche guariti e liberati dall’incubo di un “Io” troppo invadente e non liberante, saremo proiettati verso gli altri per annunciare con la vita la liberazione degli schiavi, fasciando le piaghe dei cuori spezzati, e …profumando la vita, e allora … finalmente sarà primavera e la vita esploderà!

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