La tenerezza di Dio – Riflessione dell’Arcivescovo sul Venerdì Santo

Carissimi,

con voi tutti desidero porre il cuore accanto alla Croce di Cristo. Stiamo vivendo giornate straordinarie, profumate di un amore grande, tenace, tenero, appassionato.

È l’amore che sgorga dal “mistero” di un Dio che desidera, vuole, sceglie di abbassarsi fino ai nostri piedi per accarezzarli e baciarli. Egli non si prende cura di sé, ma proteso verso di noi, corpo e anima attesta un amore capace di andare fino in fondo, fino alla fine.

Don Primo Mazzolari affermava che “quando non si ha più niente da dare perché si è dato tutto, allora si diventa capaci di veri doni”. Il Crocifisso che pende dalla Croce è più eloquente di ogni parola, e il corpo del Cristo è dato, consegnato, in una offerta senza ritorni, senza contraccambi: è dato per amore.

I giorni che stiamo vivendo sono il canto supremo della tenerezza di Dio che, nel Cristo crocifisso, dichiara il suo amore per noi, per me, per tutti. Oggi nella preghiera universale vissuta all’interno dell’azione liturgica del pomeriggio, abbiamo raccolto tutta l’umanità includendo quanti soffrono e lottano per questa pandemia.

Abbiamo ascoltato poc’anzi il brano di Luca che narra gli ultimi momenti della passione di Cristo. Egli ci presenta l’evento come uno spettacolo da guardare, proprio in contrapposizione ai nostri fatui spettacoli, inconsistenti, vuoti, ingannevoli, con cui pensiamo di conquistare il mondo.

Gesù non si tira indietro, non si lascia fermare, non scende dalla croce.

Quanto amore nel suo silenzio, quanta passione nelle sue ultime parole, quanta dolcezza e tenerezza nei suoi sguardi sofferti, traboccanti dolore.

È in questo dolore che la sua vicinanza si fa palpabile, concreta, tangibile ai nostri sensi, ai nostri cuori.

Egli si fa compagno di tutti coloro che soffrono, soprattutto di chi soffre il silenzio di Dio. Compagno di chi avverte la sconfitta, il fallimento, il buio, la notte in cui non sembra scorgersi alcuna luce.

Egli non viene meno alla parola data, non tradisce il compito assunto di indicarci la strada dell’amore vero.

Prima di giungere alla fine aveva detto “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!»” (Gv 12,27-28). Parole forti che vengono a nutrire la nostra poca fede: l’amore per Dio e per l’uomo non viene meno, non muore mai, è più forte della morte.

All’inizio della Settimana Santa avevamo incontrato un immagine che prefigurava questo momento. Maria, sorella di Lazzaro, nella casa di Betania aveva rotto il suo vaso di profumo per spargerlo sul corpo del Cristo, ora è Cristo che lascia sia dilaniato il suo corpo perché il profumo del suo amore per il Padre e per noi riempia l’universo.

            Miei cari sono commosso nel profondo e mi sento piccolo, meschino con i miei peccati infarciti di egoismo. Oggi Gesù mi invita, ci invita, a lasciarci sedurre dal suo amore per aprire il destino della nostra vita, della vita dell’universo a orizzonti di luce. Quel profumo d’amore che sgorga dalla Croce lo abbiamo ritrovato in questi giorni nella generosità del cuore di tanti e di coloro che hanno  messo in gioco la propria vita per l’umanità.

            Chiediamo al Signore che si rompa la durezza dei nostri cuori, come si ruppe il cuore del centurione, delle donne di Gerusalemme, come si ruppero le rocce e si squarciò il velo del tempio.

Si apra la nostra esistenza e toccata da tanta passione e tenerezza possa pronunciare parole come quelle ascoltate poco fa: “Ricordati di me, Signore, nel tuo regno. Ricordati di me, ricordati di noi”

Amen

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