OMELIA – Dedicazione Chiesa Cattedrale Rossano 17 Novembre 2019

Dedicazione Chiesa Cattedrale
Rossano 17. Novembre. 2019
OMELIA

II lettura
“Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”.
1 Cor 3,9c-11.16-17

Ci ritroviamo stasera a celebrare la dedicazione della nostra Cattedrale, del tempio che noi siamo in quanto battezzati a questo fonte e membri di questa comunità ecclesiale.

Viviamo questo rendimento di grazie salutando tra noi la presenza di fratelli sacerdoti che provengono dalla Chiesa sorella che è in Ugento, guidata dal fratello vescovo Vito Angiulli, che avrebbe dovuto presiedere questa eucaristia ma a causa della morte del papà di un suo sacerdote si è fermato in diocesi per la celebrazione delle esequie.

A rappresentarlo qui tra noi il caro Vicario Generale don Beniamino Nuzzo, mi compagno amatissimo nel cammino di formazione presso il Seminario Regionale di Molfetta.

Il breve testo della seconda lettura rimanda ad un brano, più lungo e completo, in cui Paolo ci aiuta a comprendere il senso di essere edificio di Dio.
Siamo convocati per costruire, secondo l’immagine di Paolo, un edificio in cui ciascuno ha una sua responsabilità: la Chiesa.

Essa rimane un edificio in costruzione, non è una roccaforte costruita per difendersi dall’assalto dei nemici, poiché la difende il Signore, e non è un rifugio tranquillo, poiché si lascia raggiungere dalle inquietudini della storia.
La Chiesa, secondo l’immagine della lettera ai Corinzi, è un’impresa ancora da compiere per la quale siamo convocati.

Fieri nell’obbedienza e nella docilità, lieti per essere stati chiamati a collaborare con Dio, non ci lasciamo scoraggiare dalle difficoltà o amareggiare dalle critiche, sapendo con pazienza accogliere i tempi di Dio per completare l’opera.

Paolo avverte con forza invitandoci a non prendere con leggerezza il suo monito, ogni collaborazione dev’essere costruttiva, non ogni impegno è illuminato e non ogni buona intenzione è utile all’impresa: bisogna fare attenzione a come si costruisce

Il testo paolino fa inoltre riferimento ai materiali di costruzione evidenziando che, la paglia e il fieno non sono buoni materiali di costruzione. L’immagine è simbolica rimandandoci a iniziative ed eventi che si rivelano fuochi di paglia, contributi troppo precari, materiali troppo inadeguati, per edificare il tempio di Dio.

Talvolta anche i nostri appuntamenti, le iniziative poste in essere nei nostri cammini pastorali sono congestionati da molta paglia e molto fieno, divenendo ostacolo ad un cammino fecondo: resta qualche cosa di queste tante fatiche, iniziative, imprese?

Sempre Paolo evidenzia che anche l’oro, l’argento, le pietre preziose non sono buoni materiali di costruzione. Il gusto del grandioso, l’ossessione per i numeri, il tributo eccessivo alla rinomanza e alla gloria mondana talvolta orientano alcuni momenti della vita di una comunità, impegnando molte risorse, suscitando anche molta meraviglia.
Chiediamoci però se ma è così che Dio vuole il suo tempio.

Come sempre, la via giusta viene dalla Parola del Signore. Nel Vangelo emerge chiara la condizione fondamentale con cui costruire la nostra relazione con Lui.
Gesù non sembra tanto preoccupato degli spazi, dell’organizzazione e delle iniziative, ma di un rapporto intimo di conoscenza e di sequela, di condivisione di vita e di pensieri.

Seguire Gesù attraverso l’ascolto della sua Parola è la scelta esigente da operare. Camminare come Lui desidera è possibile a partire dall’ascolto della Parola?

Ritroviamo la gioia e la forza di ricentrarci in Cristo, e troveremo la capacità di metterci insieme per camminare ed edificare il tempio di Dio.

Come affermava don Tonino Bello, facendo suoi alcuni scritti del Card. Pellegrino, dovremmo metterci insieme per camminare, sottolineando che, se non camminiamo, è perché non stiamo insieme.
Se segniamo il passo, è perché ci manca il conforto di compagni di strada. Non ci sentiamo strumenti inseriti nella coralità di una orchestra.

Eseguiamo, forse anche alla perfezione, ognuno il proprio spartito: ma i suoni si accavallano senza comporsi mai nell’armonia del concerto. Diamo prove di bravura personale, ma non di organicità collettiva. Esibiamo scampoli di virtuosismo, ma non prove di virtù, con il risultato tragico che spesso sperimentiamo: ogni volta che si annulla l’avverbio “insieme”, si annulla anche il verbo “camminare”.

È bene ricordare che, per noi Chiesa, quell’insieme non è solo una condizione ineludibile per camminare, ma esprime un modo sostanziale per “essere”. Se l’albero è la Trinità, mistero di comunione, la Chiesa, che su questo albero matura, non può vivere la disgregazione delle persone, altrimenti non è Chiesa.

Appartenere alla Chiesa non significa occupare spazi o rivendicare ruoli, bensì vivere la stessa passione che Cristo ha avuto per l’uomo, per le sue potenzialità e le sue fragilità, per le sue speranze e le sue attese.

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