Omelia ricordo Mons. Andrea Cassone

S.E. Mons ANDREA CASSONE

Arcivescovo dal 1992 -2006

OMELIA per la commemorazione

22.12.2020

Il Magnificat di Maria

          Una giovane donna umiliata e spaventata riconosce di essere sotto lo sguardo benevolo di Dio: gli eventi strani e forse umilianti che sta vivendo le donano la consapevolezza di essere solo una semplice creatura, nulla di più. E si mantiene aggrappata con fede alla Parola di Dio che le ricorda come sempre il Signore interviene nella storia.

Maria sa vedere la grandezza del Signore, riesce a scorgerla nei fatti della sua vita quotidiana, insignificante agli occhi degli altri, ai nostri occhi.

Maria vede l’azione invisibile di Dio, perché riesce a riconoscere l’infinita distanza che la separa da lui, ora questo è causa di gioia e non più di turbamento.

Lo stupore suo nasce dal fatto che ha intuito la modalità nuova, veramente rivoluzionaria, di Dio: il Potente usa la propria forza per salvare, non per dominare sugli altri. Anzi, Egli rinuncia alla propria forza, come tutto il vangelo ci narra.

Maria percepisce così la profondità dello sguardo di Dio, allargando la prospettiva, fino a raggiungere tutte le genti, tutta l’umanità (“…la sua misericordia per quelli che lo temono”, v. 50).

Se avessimo occhi limpidi e semplici per scorgere e accogliere la discesa del Signore nelle nostre vite, allora si dissolverebbe la montagna del nostro folle orgoglio che ci rende ciechi e prigionieri (“Se tu squarciassi i cieli e scendessi, si fonderebbero i monti!”: Is 64,1).

Se vogliamo prendere sul serio il Signore, oggi abbiamo l’occasione di guardare in verità la nostra vita, di riconoscerci bisognosi di salvezza, abbandonandoci con fiducia nel Signore che sta già operando in modo inatteso (e spesso attraverso eventi non desiderati) la distruzione dell’orgoglio che muove i pensieri del nostro cuore.

Certo, una tensione rimane: il rovesciamento è ancora atteso, ma adesso può essere atteso con fede perché è già iniziato. Non possiamo però accontentarci di uno sguardo banalmente ingenuo: infatti, se Dio si schiera con i poveri e gli emarginati, possiamo noi restare ancora comodi nei nostri privilegi?

Ormai l’era messianica è stata aperta, non potrà più essere chiusa, e il compimento è sempre più vicino. Una delle grandi antifone di queste sere canta proprio: “O tu che apri e nessuno può chiudere!”.

Dio scioglie la superbia dei nostri cuori e restituisce alla nostra vita una relazione di verità con Lui. In Gesù accadrà questo. Egli viene ad occupare quello spazio, quel vuoto di senso creato dal peccato.

È in Cristo, che viene ed abita la nostra storia, a partire dal basso, dagli umili e dai miti, che trova radice quell’atteggiamento luminoso espresso dalla vita di Maria, cantato nel magnificat, e presente in quanti, come Mons. Andrea Cassone, aprono la loro esistenza al mistero di Dio: Sulla tua parola getterò le mie reti.

Bello l’invito di Gesù nel Vangelo di Matteo.

          “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11 vv. 28-29). L’invito del Signore è sorprendente: egli chiama a seguirlo persone semplici e gravate da una vita difficile, chiama a seguirlo persone che hanno tanti bisogni e promette loro che in Lui troveranno riposo e sollievo.  L’invito è rivolto in forma imperativa: «venite a me», «prendete il mio giogo», «imparate da me».

In Matteo 12, inoltre, troviamo una citazione del profeta Isaia che ci aiuta a capire la mitezza

Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.

Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
20
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto
 trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni
.

Is 42,1-4.

Gesù ha fatto dell’umiltà e della mitezza il segno della vera grandezza di un essere umano. Queste virtù non consisteranno più nel elevarsi solitari sugli altri, sulla massa, ma nel abbassarsi per servire ed elevare gli altri. Dice Sant’Agostino: “sulla croce e gli rivela che la vera vittoria non consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima.

È il sacrificio del forte a favore del debole che la mitezza esalta”.

Nella Bibbia i termini umile e mite non hanno il senso passivo di sottomesso oppure remissivo, bensì quello attivo di persona che appunto agisce con un cuore attento, rispettoso e gentile verso l’altro.

Da questa riflessione potremmo essere indotti ad un senso di sfiducia, considerando il fatto che spesso è difficile comportarsi in tal modo, direi quasi impossibile.

Per mitezza e umiltà dovremmo intendere la capacità di distinguere la sfera della materia, dove opera la forza, dalla sfera dello spirito, dove opera la persuasione della verità.

Umiltà e Mitezza sono dunque la capacità di cogliere nelle relazioni personali, come l’incontro con l’altro non è il luogo della costrizione o della prepotenza, ma quello della passione persuasiva, del calore umano.

Sono virtù forti quella dell’umiltà, della mitezza, proprio perché si oppongono ad ogni forma di prepotenza materiale e morale.

Parlare di mitezza e umiltà è, in altri termini, parlare della fede. E’ nella misura in cui vivo un abbandono forte e consapevole in Dio che, conseguentemente, sono buono e mite verso i miei fratelli. Possiamo dunque pregare per avere mitezza e umiltà, certi che esse sono come un vestito che Cristo ci ha meritato e di cui, nella fede, possiamo ricoprirci, al fine di essere animati a viverla.

          Alcune applicazioni per la nostra vita potrebbero essere le seguenti:

  • imparare a non avere sempre l’ultima parola nelle nostre discussioni. Tacere nell’umiltà lasciando magari che l’altro prevalga può educarci ad un cuore mite.
  • Imparare a non legarsela al dito. È questo un atteggiamento spesso presente nelle nostre comunità. Vera tentazione offusca il cuore, aggrava la mente, impedisce la preghiera. Pensiamo quante volte è forte la tentazione di rispondere a malignità con malignità, a insinuazioni con insinuazioni, con un giudizio che ci fa apparire superiori agli altri.
  • Imparare ad avere attenzione verso i più deboli, verso coloro che sono incapaci di difendersi e vivono nella fragilità. Spesso nei confronti di queste figure il nostro atteggiamento risulta essere sbrigativo, superficiale talvolta anche violento e carico di impazienza.

Emerge in filigrana l’immagine bella e serena del nostro don Andrea, vescovo amato di questa nostra Chiesa e mai dimenticato.

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